PAPILLE IN FIAMME

PAPILLE IN FIAMME

Quando ho cominciato a pensare a quale articolo scrivere per questo numero della rivista, che è dedicato al senso del gusto, mi sono fatta alcune domande.

Perché questo senso si è sviluppato? Qual è il senso dell’avere uno smisurato numero di papille gustative differenziate in tante percezioni diverse?

Durante l’evoluzione ci hanno spinto a mangiare di più o di meno?

Su questo argomento sono stati fatti numerosi studi, sia in Italia che nel resto del mondo (il più recente, del 2019 di Frontiers in Integrative Neuroscience), soprattutto per verificare se esiste un legame tra l’obesità e le papille gustative.

Il risultato di questi studi ha evidenziato che i pazienti in sovrappeso hanno un numero minore di papille gustative, e che le stesse sono meno sensibili ai relativi sapori.

Rimane spazio per un ulteriore studio che ci spieghi se l’obesità è causa o conseguenza di questo situazione.

Qualunque sia la conclusione alla quale si arriverà, non è difficile comprendere che una ridotta sensibilità ai sapori, ci può spingere ad assumere maggiori quantità di cibo, in un circolo vizioso che è difficile interrompere.

Infatti, se le nostre papille lavorano in maniera corretta, difficilmente riusciremo ad abusare di certi cibi molto saporiti, dal momento che dopo una certa quantità è più il disgusto del piacere.

L’ipotesi più plausibile che si sta facendo strada è che, essendo l’obesità accompagnata da un forte stato infiammatorio generale, questo possa creare a livello della nostra bocca una alterazione come quella descritta. E’ un meccanismo simile a quello che l’organismo mette in atto in seguito al consumo eccessivo di zuccheri, provocando una ridotta sensibilità dell’insulina, preludio al diabete.

Il sistema corpo cervello deve cercare di mantenere una propria omeostasi, per protrarre la vita più a lungo possibile e lo fa con i sistemi che ha a disposizione.

La conseguenza, in questo caso, è però negativa.

Il nostro intento rimane comunque, dopo avere evidenziato il problema, quello di proporre soluzioni, che possano essere sperimentate e integrate nelle proprie abitudini di vita per migliorarne la qualità e la durata.

Cominciamo ad analizzare quello che abbiamo detto finora, ovvero che l’obesità è legata a uno stato infiammatorio diffuso e che l’abuso di cibi troppo carichi di sapore, di calorie e di grassi, riduce la sensibilità delle nostre papille gustative.

Come possiamo lavorare su questi due problemi?

C’è uno stile alimentare, a me particolarmente caro, che ci può essere di grande aiuto.

Si tratta di “Dieta GIFT” studiata dal Dott. Luca Speciani, medico e agronomo.

GIFT è l’acronimo di Gradualità, Individualità, Flessibilità, Tono, ma la parola gift in inglese significa dono. Infatti occuparsi di se stessi per migliorare la nostra salute è il più grande regalo che possiamo fare a noi e alle nostre famiglie.

Dieta GIFT è un modo di organizzare la propria routine alimentare che va al di la del conteggio delle calorie, per ottenere uno scopo fondamentale: inviare al cervello attraverso il cibo i segnali corretti. A cosa servono questi segnali?

Attraverso questi segnali il cervello riceve l’informazione fondamentale che ci ha portato a sopravvivere in tutte le condizioni ambientali che abbiamo dovuto affrontare durante l’evoluzione, ovvero se siamo in una situazione di abbondanza o di carenza di cibo. Se siamo in una situazione di abbondanza il cervello da al corpo l’input di consumare, differentemente di accumulare.

Purtoppo attualmente, i segnali che il nostro cervello riceve sono spesso di carenza anche quando abbiamo il frigo pieno, perchè il cibo che mangiamo è di scarsa qualità.

L’ormone principale che si occupa di inviare il segnale al cervello è la leptina, che viene secreta dal tessuto adiposo dopo che abbiamo assunto cibo, a patto che questo sia in quantità sufficiente, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, ovvero della proporzione tra carboidrati, proteine e frutta e verdura.

Dieta GIFT ci insegna a mangiare, non ci dice cosa mangiare, perché ognuno ha il suo gusto, le sue preferenze che vanno rispettate. Ci insegna però i principi fondamentali e improrogabili per costruire le proprie abitudini alimentari.

  1. Cibo di qualità: integrale, biologico, di stagione, più vario possibile, senza conservanti, coloranti e altri additivi per ridurre l’effetto infiammatorio del cibo al minimo.
  2. Colazione abbondante, pranzo medio, cena leggera, per dare al cervello il segnale di abbondanza subito al mattino e fornire una quantità di cibo ridotta quando non abbiamo più la possibilità di bruciarlo.
  3. Piatto tripartito, ovvero sia nel piatto della colazione che in quello del pranzo dobbiamo verificare che ci sia la presenza di carboidrati, proteine e frutta e verdura (la cena può essere bipartita, ovvero senza carboidrati se siamo sovrappeso).
  4. Eliminazione degli zuccheri semplici e raffinati, con lo scopo di modulare la nostra percezione del sapore dolce alla dolcezza che la natura offre attraverso la frutta.
  5. Attività fisica quotidiana che serve a dare al cervello il segnale che il nostro corpo è in salute e in grado di andare a procacciarci il cibo.

Il primo effetto che si ottiene mettendo in atto queste semplici regole è la riduzione del senso di fame con una conseguente regolarizzazione del peso.

L’effetto antiinfiammatorio di uno stile alimentare che riduce al minimo l’utilizzo di cibi processati dall’industria si manifesterà comunque in un tempo breve, con il miglioramento della performance delle nostre papille gustative, che piano piano non troveranno più gratificazione da sapori troppo forti o artificiali.

Attraverso l’aiuto di professionisti come i GIFT Food Tutor, o approfondendo l’argomento sul sito della medicina di segnale potremo cominciare a prendere dimestichezza con una alimentazione più consona al funzionamento del nostro sistema mente-corpo con un grande beneficio oltre che per i nostri sensi anche per la nostra longevità in salute.

LO SCRIGNO TERAPEUTICO

LO SCRIGNO TERAPEUTICO

La nostra vita sul pianeta terra è indissolubilmente legata a quella degli altri esseri che la popolano in un equilibrio dinamico finalizzato al benessere generale, all’evoluzione e al mantenimento della vita sulla terra.ge

Dal mondo vegetale, il mondo animale trae i suoi nutrimenti, producendo scarti che nutrono la terra , generando un substrato adeguato alla crescita di innumerevoli piante.

Della natura rigogliosa, gli animali hanno imparato a nutrirsi, ma anche a trovare nelle piante i rimedi per la loro salute.

L’uomo poi ha approfondito e studiato da sempre le piante con lo scopo di ricavarne sostanze adatte alla cura delle malattie.

Secondo l’OMS (organizzazione mondiale della sanità) il 25% dei farmaci di sintesi sono di origine vegetale, ovvero sono prodotti in laboratorio, ma la loro attività terapeutica è stata scoperta studiando le piante e analizzando l’efficacia dei singoli principi attivi presenti nella foglia, nel frutto, nel fiore. Si identifica la sostanza che potrebbe avere una qualche utilità e poi si procede con i test.

Ma le piante posseggono anche delle strutture molto particolari, il cui utilizzo in terapia è più recente e si deve alla intuizione del Dott. Pol Henry.

Si tratta dei tessuti meristematici, quelli in accrescimento per intenderci, come le gemme, i giovani getti, gli amenti.

Sono dei veri e propri scrigni, la cui peculiarità è la varietà di sostanze contenute, con la missione potente di fare sviluppare le varie parti della pianta.

La gemma di una pianta vive circa 9 mesi, per la maggior parte in uno stato di quiescenza, in attesa, con l’arrivo della primavera, di essere irrorata di linfa. Da qui parte l’iter vegetativo, che, grazie alla presenza di fito ormoni, sali minerali, vitamine, flavonoidi, aminoacidi, alcaloidi, oli essenziali ecc. la trasforma in fiore o foglia.

Come abbiamo già visto quando abbiamo trattato dei funghi medicinali, ogni gruppo di sostanze produce un effetto specifico che per i fitogemmoderivati è rappresentato da drenaggio, attività simil-ormonali e antiinfiammatoria, regolazione dei circuiti di base, sostegno del sistema immunitario, miglioramento del ritmo sonno-veglia e di quello peristaltico.

Ma anche in questo caso la peculiarità di questi prodotti è la sinergia che si crea dalla presenza contemporanea di tutti questi principi attivi e che li differenzia in maniera decisa dai fitoterapici che usiamo principalmente perché contengono un principio attivo specifico (sempre comunque sostenuto dal suo fitocomplesso) in grande quantità.

Per estrarre tutta questa abbondanza di attivi, bisogna usare gemme fresche, raccolte all’inizio della primavera, poco prima che si schiudano, ma quando sono state irrorate dalla linfa, immergerle in 3 solventi in parti uguali : acqua, alcool, glicerina, necessari per l’estrazione di tutte le sostanze attive.

Il prodotto si chiama souche mére, ceppo madre e si utilizza tal quale, senza diluizioni.

Dopo un lungo periodo nel quale la gemmoterapia era stata relegata al ruolo di solo drenaggio, e assimilata alle terapie omeopatiche ( quando si cominciarono a usare soluzioni diluite e dinamizzate) la fitogemmoterapia, oggi ha recuperato il suo ruolo e si sta diffondendo ampiamente nel nostro paese. Questi prodotti, possono essere utilizzati senza rischi, in associazione tra loro, o a supporto di terapie farmacologiche, fitorerapiche, floriterapiche, omeopatiche.

Tutte le fasce d’età possono trarre beneficio dai gemmoderivati, e la loro attività regolatoria, consente di non avere mai effetti eccessivi. Si possono considerare dei precursori di tante funzioni che per i motivi più vari, nel nostro organismo si possono essere bloccate.

Le piante più conosciute, dalle cui gemme di estraggono questi prodotti fitoembrionali sono il tiglio, la betulla, il ribes nigrum, il prugnolo, la quercia, il noce, il salice, il faggio,il mandorlo, la rosa canina.

Alcuni di essi si utilizzano principalmente da soli, altri funzionano meglio in combinazione.

Questo numero della rivista, è dedicato alla voce, e si parla anche di acufeni e di come parlare in pubblico. Vediamo come la gemmoterapia può essere di aiuto in queste situazioni.

Ad avere problemi con la voce sono spesso i cantanti, gli attori, e anche gli insegnanti.

Per ridurre lo stress a carico delle corde vocali e le infiammazioni conseguenti ad un uso eccessivo o non corretto, il consiglio è quello di chiedere al proprio farmacista indicazioni sull’utilizzo dei gemmoderivati di ribes nigrum, rosa canina e abete bianco.

La rosa canina molto conosciuta per il contenuto di vitamina C nelle sue bacche, se usata come gemmoterapico ha una azione antiinfiammatoria sulle mucose delle prime vie aere, quando il problema è allo stadio iniziale, caratterizzato da rossore, gonfiore e dolore.

Il gemmoderivato di ribes nigrum funziona meglio nella seconda fase dell’infiammazione per la sua azione cortison like.

L’abete bianco agisce sul sistema immunitario e proprio sui tessuti e sulle mucose.

Si possono utilizzare anche in combinazione per sfruttare l’effetto sinergico.

Uno dei gemmoderivati più venduti in farmacia è quello di tiglio. La sua parola chiave è rilassamento. Questa azione di stretching è orientata sia sul piano fisico che su quello emotivo.

Le azioni del tiglio sono molteplici e vanno dalla riduzione dell’ansia da anticipazione, alla regolazione del ritmo sonno-veglia, alla riduzione di crampi addominali, spamsi, fino a ridurre le contratture, siano esse causate da tensione emotiva, ma anche posturali e da sport.

Spesso chi deve parlare in pubblico, se non del mestiere, si trova ad avere uno o più di questi sintomi.

Allora il gemmoderivato di tiglio può dimostrarsi un valido alleato per recuperare quella scioltezza psicofisica necessaria per essere efficaci, senza effetti negativi, perchè non provoca sonnolenza.

Se vogliamo un effetto maggiore anche a livello dei sintomi gastrintestinali legati all’ansia, potremo utilizzarlo anche associato alla gemma di fico.

Se parliamo di acufeni, sappiamo che si possono ottenere riduzioni della intensità dei rumori o fischi, utilizzando i gemmoderivati di betulla, frassino e faggio in combinazione perchè betulla e frassino hanno una azione sulla regolazione dei liquidi, mentre il faggio riduce la vasodilatazione.

Come si può immaginare, il problema degli acufeni genera un forte disagio nel paziente, creando un forte stress, il quale contribuisce spesso a esacerbare il sintomo.

Associare anche in questo caso un gemmoderivato di tiglio può contribuire a un miglioramento delle condizioni di vita di chi ne soffre.

Per la soluzione o il miglioramento di altri disagi, rivolgetevi al vostro farmacista di fiducia che saprà guidarvi nella scelta del gemmoderivato più indicato o alla combinazione più giusta per voi.

UN TUBO PRODIGIOSO

UN TUBO PRODIGIOSO

Tutto quello che succede nel nostro organismo si riflette sul nostro benessere, ci procura uno stato d’animo sereno o cupo, ci fa vedere il mondo con gli occhiali rosa o neri. Ma c’è un processo che più degli altri è legato alla storia della nostra persona. Parlo del processo digestivo, che, come ci insegnavano alle scuole elementari, comincia in bocca, e procede con tantissime altri fasi lungo tutto l’apparato digerente.

Da neonati cominciamo a interagire col mondo attraverso la digestione del latte della mamma, del quale impariamo a trattenere quello che ci serve, eliminando un quasi niente di scarto, poi, sviluppiamo i nostri gusti personali attraverso l’assaggio di tutto quello che troviamo, costruendo anche la nostra identità immunitaria (come abbiamo visto in un precedente articolo).

E così il processo digestivo si sviluppa, specializzandosi sempre di più durante la vita.

Se da una parte è immediato comprendere che senza l’apparato digerente, la nostra vita sarebbe quasi impossibile, non pare altrettanto logico realizzare che il nostro modo di affrontarla, il nostro benessere, la nostra energia, dipendono da come funziona questo “tubo” nel quale noi introduciamo gli alimenti e l’acqua e dal quale espelliamo gli scarti.

Per capire e correggere eventuali disfunzioni, bisogna comprendere la digestione.

Il nostro apparato digerente è come un grosso laboratorio dove vengono applicate in maniera estremamente efficiente tutte le leggi della chimica e della fisica, in modo da permettere che la mela, il pane, l’uovo che mangiamo possano venire trasformate in osso, muscolo, legamenti, energia, pensiero.

Il processo avviene per passaggi successivi e, come si può intuire, perché il risultato finale sia corretto, ogni step deve essere correttamente compiuto.

In caso contrario, come quando eseguiamo le espressioni a scuola, l’errore che commettiamo all’inizio, si amplifica ad ogni passaggio.

La bocca riceve il boccone e ha il compito di sminuzzarlo il più possibile attraverso i denti, diluirlo con la saliva e cominciare la digestione degli amidi attraverso la ptialina. Il bolo (così si chiama questo mix), attraverso l’esofago raggiunge lo stomaco dove trova una forte acidità, dovuta alla presenza dell’acido cloridrico, che serve a scomporre le proteine presenti nel cibo. Per fare in modo che l’acido arrivi a contatto con tutto il bolo, lo stomaco mette in moto un meccanismo di contrazione e rilascio chiamato peristalsi. A questo punto si possono presentare i primi problemi. Infatti, se la masticazione è stata troppo breve, lasciando il cibo in pezzi troppo grandi, o se l’acidità dello stomaco non è sufficiente, lo smontaggio delle proteine richiede un tempo molto più lungo del previsto o non avviene completamente.

Questo può succedere perché spesso pretendiamo di digerire mentre stiamo compiendo attività che richiedono la nostra attenzione (lavoro, guida, videogioco), anche se il nostro sistema non è organizzato in modo da contemplare questa evenienza. Infatti le due sezioni del sistema neurovegetativo (ortosimpatica e parasimpatica) non possono lavorare ai massimi livelli contemporaneamente, o prevale l’ortosimpatico e abbiamo massima attenzione, massima concentrazione, sensi allertati, ormoni tiroidei, catecolamine, cortisolo pronti all’uso, o prevale il parasimpatico e allora si che le ghiandole secretive dell’apparato digerente possono inondare bocca, stomaco, duodeno, intestino, di tutto ciò che serve per consentire che la digestione e l’assimilazione avvengano, accompagnate dai corretti movimenti peristaltici.

Dopo un certo tempo, attraverso il piloro, il chimo ( a questo livello il mix prende questo nome) raggiunge il duodeno, dove vengono secreti una gran quantità di bicarbonati per neutralizzare la sua acidità.Subito dopo dalla cistifellea arriva la bile con lo scopo di emulsionare i grassi, dal pancreas arrivano gli enzimi digestivi, con lo scopo di scindere le proteine in aminoacidi (proteasi), gli amidi in zuccheri semplici (amilasi) e decomporre i grassi (lipasi).

Anche in questa fase le sostanze secrete devono essere in quantità sufficiente perché l’operazione avvenga correttamente senza lasciare sostanze indigerite.

Dal duodeno il mix passa nelle altre due sezioni dell’intestino tenue, il digiuno e l’ileo, dove avvengono principalmente funzioni di assorbimento dei nutrienti. L’assimilazione dei nutrienti può avvenire solo se essi sono stati scissi nelle loro componenti più elementari.

Tutto ciò che rimane, attraverso la valvola ileo-cecale, arriva al colon, la parte finale dell’intestino, dove troviamo i miliardi di batteri che vivono in simbiosi con noi, pronti ad aiutarci a completare la digestione. Se, sopra tutto ha funzionato bene, il lavoro qui è semplice, ma se, come può succedere, non tutto è andato liscio, i batteri si trovano a dover fare un super sforzo, mettendo in moto tutta la loro capacità fermentativa, sicuramente efficace, ma il cui rovescio della medaglia è la produzione di gas a noi poco graditi. Alla fine di questo processo, viene riassorbita l’acqua in eccesso, e, tutto lo scarto: fibra, sostanze varie non gradite che il sistema immunitario intestinale ha classificato come “non self”,viene assemblato e sospinto, attraverso il retto, verso l’uscita, dopo circa 3 o 4 giorni.

Molto spesso ci si focalizza solo su ciò che avviene nel colon, dando molta importanza al microbiota intestinale, senza pensare che il lavoro a questo livello, e i problemi ad esso correlati (gonfiori, infiammazioni, coliti) sono condizionati da tutto quello che è successo a monte e da quali risorse erano disponibili e utilizzabili.

Purtroppo l’uso di farmaci che riducono l’acidità dello stomaco, la masticazione insufficiente, la mancanza di un breve periodo di relax a ridosso dei pasti, l’utilizzo di cibi industriali compromette il successo della attività digestiva molto prima della sua fase finale.

Conoscere il processo digestivo e, soprattutto l’influenza che il sistema neurovegetativo ha su di esso, è l’unica via per cambiare quello che possiamo nei nostri comportamenti, in modo che esso avvenga nel migliore dei modi ( prendendoci per esempio una vera pausa per consumare i pasti).

Allora il sintomo, che sia reflusso, pesantezza, gonfiore addominale, sensazione di mancato svuotamento, lo potremo vedere sotto un’altra luce, come un tentativo dell’organismo di sopperire a una carenza con l’esagerazione di una funzione ad essa correlata, perché tutto ciò che la nostra macchina perfetta inventa, lo fa solo ed esclusivamente perché è il meglio che può fare nelle condizioni nelle quali si trova.

Questo ci permetterà di uscire dalla logica del sintomo irreversibile e cominciare a cercare soluzioni, utilizzando, con l’aiuto del nostro farmacista di fiducia quei rimedi adatti a sostituirsi a un comportamento più corretto quando questo non sia attuabile.

L’utilizzo di enzimi digestivi, soprattutto se prodotti dalla fermentazione di maltodestrine ad opera dell’Aspergillus Oryzae che agiscono sia in ambiente acido che basico, ci possono aiutare a velocizzare il transito degli alimenti nello stomaco e nel duodeno riducendo il rischio che essi arrivino scarsamente digeriti alle fasi successive con riduzione di reflusso e flatulenza.

Una combinazione di gemmoderivati di tiglio, fico e melo, può essere utile su tutte le somatizzazioni dello stress a carico dello stomaco, sulle gastriti, sul singhiozzo e, migliorando l’azione del sistema parasimpatico, sulla sensazione di pugno allo stomaco e sulla versante epatico della digestione.

Per tutti i dolori, gli spasmi dello stomaco, per migliorare la secrezione dei succhi gastrici, diminuire i crampi e la sensazione di buco allo stomaco, ci viene in aiuto la fitoterapia con 3 rimedi che se usati insieme lavorano in modo sinergico: camomilla, liquirizia e menta.

La scelta degli alimenti ha naturalmente la sua importanza, privilegiando quelli che richiedono una masticazione prolungata, come le verdure crude ad inizio pasto, in modo da segnalare allo stomaco che sta arrivando cibo e dargli il tempo di prepararsi. Ogni tradizione culinaria nel mondo comprende, non a caso, alimenti fermentati, bevande, miso, verdure come i crauti. Provando ad aggiungere qualche verdura fermentata alla nostra alimentazione, e ce ne sono di ottime prodotte nelle nostre zone, noteremo sicuramente un beneficio a livello intestinale e di digestione.

IL SOTTOBOSCO CHE CURA

IL SOTTOBOSCO CHE CURA

È affascinante pensare che la storia della medicina è iniziata per tentativi, già prima della civilizzazione dell’uomo.

Si è partiti in ogni caso dalla natura, dalla quale ancora oggi derivano un buon numero di farmaci. Tutti i popoli della terra hanno creato le loro tradizioni mediche, partendo più o meno nello stesso modo, ma in ogni continente si sono prese vie diverse, approfondendo argomenti diversi, cercando comunque di trovare rimedi sempre più efficaci e con meno effetti collaterali.

Mentre in occidente ci si concentrava sulle erbe dando origine alla fitoterapia, in Oriente è sempre stato alto l’interesse per i funghi che presentano numerose proprietà benefiche.

Purtroppo in Europa i funghi sono stati associati storicamente a pratiche mistico esoteriche, distogliendo l’attenzione dalla loro grande versatilità terapeutica che, per fortuna, attualmente è emersa e ci permette di poter usufruire dei suoi benefici.

I funghi, non appartengono al mondo delle piante, come si potrebbe credere e come furono catalogati in principio, ma non appartengono neanche al mondo animale.

Per le loro caratteristiche così particolari è stato creato un regno a parte denominato appunto Regno dei Funghi dato che la loro origine è un ceppo batterico diverso da quello degli altri regni.

Si pensa che in natura, le specie fungine siano 1.500.000, la maggior parte ancora sconosciute, e con probabili effetti terapeutici interessanti tutti da scoprire.

La parte visibile del fungo è il corpo fruttifero che emerge in particolari condizioni, per la riproduzione, ma la parte più consistente, il micelio, è una rete di filamenti che si sviluppa anche per chilometri, modificandosi in base alle informazioni prese dall’ambiente.

Si nutrono di sostanza organica che prendono dal terreno o dalle piante secondo tre modalità:

  • Simbiosi con un’altra specie e beneficio per entrambe,
  • Parassitismo a spese di un’altra specie che deperisce e muore,
  • Saprofitismo, da organismi morti animali o vegetali.

Se non ci fosse questa attività saprofitica dei funghi, la terra sarebbe sommersa di detriti di origine animale e vegetale, a conferma che tutto ha una utilità nella vita del nostro pianeta.

L’attività terapeutica dei funghi è legata alla loro necessità di produrre sostanze che ne rendano possibile la vita nella fase più ostile dell’ecosistema, a stretto contatto con organismi in decomposizione e occupandosi della loro demolizione, resistendo ad alti livelli di stress ossidativo. Le proprietà antiossidanti e quelle antimicrobiche che il fungo usa per difendersi, sono ciò che rende la micoterapia così efficace.

Non ci sono altri organismi viventi, capaci, come i funghi, grazie al loro micelio diffuso, di ripulire un terreno da inquinanti e tossici in un tempo così breve.

I funghi terapeutici, che a volte sono gli stessi che mettiamo nel piatto, hanno, come sostanze attive, terpenoidi, glicoproteine, enzimi e polisaccaridi.

Tra i polisaccaridi, i più attivi sono i β-glucani che sono anche quelli sui quali sono stati fatti gli studi più numerosi.

La loro caratteristica è quella di stimolare le cellule del sistema immunitario, tenendolo allenato, in modo da permettergli di intervenire tempestivamente all’arrivo di patogeni esterni o interni (come le cellule neoplastiche) .

Si tratta di una vera attività modulante che seda un sistema immunitario troppo attivo che potrebbe generare patologie allergiche, o attiva un sistema immunitario pigro.

Questa capacità modulante si verifica perchè i β-glucani rivolgono la loro attività alla parte innata del sistema immunitario.

Oltre ai polisaccaridi, i funghi terapeutici contengono altre sostanze che ne potenziano l’efficacia

come le glicoproteine, gli enzimi, i terpeni e gli steroli con molteplici azioni.

Non possiamo trascurare il fatto che i funghi sono tra le poche fonti naturali di Germanio, che migliora l’utilizzo dell’ossigeno da parte delle cellule.

Purtroppo numerosi studi condotti di recente rilevano che la nostra alimentazione, rispetto al passato è carente di 1-3β-glucani a causa del consumo prevalentemente di alimenti industriali e troppo raffinati che l’industria preferisce perché meglio maneggiabili, da qui la necessità di integrarli con la micoterapia.

Il rapporto nel quale sono presenti i vari principi attivi, varia le indicazioni terapeutiche di ogni fungo.

Il beneficio ad ampio spettro e la versatilità di azione di questi preparati, ci fa ragionevolmente pensare che la loro diffusione e il loro utilizzo sarà in netto aumento anche in occidente nei prossimi anni.

Per scongiurare il rischio di assumere contaminati presenti nei terreni, dobbiamo, col consiglio del farmacista, scegliere prodotti di aziende italiane, delle quali poter controllare la filiera produttiva.

Tra i funghi più usati in medicina, presenteremo quelli legati alla longevità: Hericium erinaceus

Questo fungo che sembra una criniera, può arrivare a 2 Kg di peso, si sviluppa per lo più sulle querce è commestibile, anche se non molto utilizzato in cucina.È molto conosciuto per le sue attività cicatrizzanti sulle mucose, soprattutto dello stomaco grazie alla alta concentrazione di ericenoni e erinacine.

In occidente si è cominciato a studiarlo solo di recente, e, proprio grazie alla presenza di queste due sostanze stimolanti l’NFG, si è visto che riduce la progressione delle malattie degenerative a livello cerebrale, migliorando a distanza di 6 mesi lo stato di salute e le capacità residue sia nei malati Alzheimer che di demenza senile.

Studi partiti in Giappone e ripresi in Europa hanno rilevato che il fungo Hericium è in grado di ridurre la neurotossicità di sostanze come il Glutammato con una attività di protezione del tessuto cerebrale e sulla sua rigenerazione.

Un altro fungo molto interessante è l’Auricularia auricula -judae: orecchio di Giuda, molto usato nella cucina cinese.

Si tratta di un fungo decompositore che cresce in relazione mutualistica con rami e alberi secchi. E’ ricco di Adenosina, un nucleoside ( molecola presente nel DNA e nel RNA) che entra in gioco nella produzione energetica dell’organismo, nella produzione di GABA che regola l’ansia senza

diminuire il livello di attenzione, la frequenza cardiaca, alcune funzioni cerebrali e il sonno. Da non dimenticare la presenza, tra i polisaccaridi, di AAP che agiscono sul cuore e sulla glicemia e di fibre con attività ipocolesterolemizzante e antistipsi.

I più recenti studi ne hanno verificato l’azione rinforzante sulle pareti vasali, accompagnata a una attività sulla fluidità del sangue, utile nella prevenzione delle malattie cardiovascolari.

L’utilizzo prolungato di un prodotto a base di questo fungo intero risulta molto utile per la regolazione dello stress, sia in età lavorativa che in seguito, per ridurre l’invecchiamento e patologie correlate.

(da non usare in associazione a farmaci antiaggreganti)

Per completare l’analisi dei funghi della longevità parliamo del Cordyceps sinensis, un fungo raro, venerato da millenni, che si estende dalla carcassa mummificata di un insetto.

In occidente è conosciuto solo da una trentina di anni, durante i quali sono stati compiuti numerosi studi per verificare le proprietà notate dai cinesi durante i secoli.

Cresce in Tibet ad altitudini comprese tra i 3000 e i 5000 metri e, nonostante sia molto difficile da coltivare, si è trovato il modo di produrlo in laboratorio.

Vive in simbiosi con l’insetto, la cui morte, funziona da stressore per la produzione del corpo fruttifero.

Oltre alle altre componenti attive, troviamo la Cordicepina, l’acido cordicepico, la 2- deossiadenosina e altri nucleotidi.

I principali utilizzatori di Cordyceps in occidente sono atleti e anziani.

Numerosi studi scientifici hanno infatti dimostrato che, grazie al Cordyceps, il corpo umano, migliora l’utilizzo di ossigeno e l’energia a livello cellulare, allungando i tempi della performance aerobica.

Anche i tempi di recupero si riducono e aumenta la funzione anabolica, con produzione di muscolo, grazie all’aumento di testosterone.

Questi stessi effetti sulla produzione energetica, sono molto utili nell’anziano per migliorare la lucidità mentale, la concentrazione, il sonno, l’energia, l’umore, la respirazione e per ridurre la freddolosità.

Anche uno studio in doppio cieco, su anziani che lamentavano stanchezza, ha rilevato un miglioramento di parametri come la confusione mentale, la minzione notturna, le prestazioni sessuali, nel gruppo che usava Cordyceps rispetto a quello che usava placebo.

La sua capacità di stimolare la produzione di DHEA risulta molto utile, nelle depressioni per aumentare la vitalità del soggetto.

 

Nella scelta di sostanze con le quali integrare la nostra alimentazione per migliorare lo stato di benessere, si cerca sempre la massima efficacia e il minimo rischio.

Possiamo dire che i funghi, e la micoterapia, rispondono perfettamente a questa esigenza, dal momento che sono ben tollerati e hanno tutti anche un effetto epatoprotettivo e prebiotico, migliorando l’assorbimento degli altri nutrienti presenti nel cibo.

INFIAMMAZIONE CRONICA DI BASSO GRADO

INFIAMMAZIONE CRONICA DI BASSO GRADO

Dopo tre decenni passati dietro, o meglio, attorno al banco della farmacia, mi sono resa conto che il mio atteggiamento nei confronti del cliente paziente è cambiato, si è evoluto, di pari passo con l’evoluzione delle conoscenze in campo medico. Lo studio continuo e la riflessione sull’aumento negli anni di certi sintomi, di certe patologie, di alcune sindromi, ha fatto nascere in me, prepotente, la necessità di capire il perché, a fronte di un aumento della vita media, negli ultimi trenta anni si sia verificata una insorgenza più precoce di certe condizioni croniche.

Approfondendo la Medicina Funzionale e la Medicina di Segnale mi sono resa conto che passando da una visione analitica ( un sintomo – una soluzione ), a una visione d’insieme della persona che presenta il sintomo, si compie un passo in più che, prima di offrire una soluzione si occupa di cercare le cause.

Un bravo medico, un bravo farmacista, devono avere in testa, quando si occupano di un paziente o di un cliente e del suo problema una domanda: perchè?

Negli ultimi trent’anni, patologie come il diabete, l’ipertensione, le malattie cardiovascolari, quelle neurodegenerative, e i tumori, sono aumentate a dismisura e, notizia più allarmante, hanno anticipato la loro insorgenza.

Spesso, alcune di queste ( ipertensione, diabete, ipercolesterolemia, malattie cardiovascolari), si presentano in successione e prendono il nome di sindrome metabolica.

Perché questo succede?

Tutte le volte che il nostro sistema subisce una aggressione o un trauma, come abbiamo già visto, si infiamma per richiamare acqua, cellule del sistema immunitario, mediatori chimici, allo scopo di circoscrivere il danno, diluire eventuali sostanze tossiche, neutralizzarle, eliminarle e, grazie ad altre cellule del sangue, riparare il tessuto l’organo colpito.

Questo meccanismo è automatico e inconsapevole, ma soprattutto, è molto evidente quando l’aggressione è massiccia. Se l’aggressione è invece di basso grado, ma magari continua e multipla, noi non ce ne accorgiamo subito, anzi ci rendiamo conto di essere in una condizione di “Infiammazione cronica di basso grado” solo dopo molto tempo, quando cominciamo a presentare patologie degenerative.

Le cause di questa situazione, detta anche “Inflammaging” (il suffisso aging serve a farci notare che l’infiammazione si accompagna a invecchiamento precoce) risiedono principalmente nello stile di vita che, infatti, in questi ultimi trent’anni, si è discostato sempre di più da abitudini salutari.

Vediamole nel dettaglio:

Sovraccarico alimentare: si tratta del consumo di alimenti troppo raffinati ( farine, zuccheri) che il sistema digerente non riconosce in quanto troppo lontani da come la natura ce li fornisce, della presenza, nei cibi pronti, degli additivi chimici, considerati alieni dal nostro intestino. Anche la carenza di alimenti ricchi di fibra come le verdure e i legumi, contribuisce a generare il sovraccarico dei cibi raffinati.

Ipossia: parliamo di carenza di ossigeno nei tessuti.Questa condizione è causata dal fumo di sigaretta, dal colesterolo troppo basso, dall’anemia, dalla carenza di attività fisica all’aria aperta, dalla insufficiente presenza nell’organismo di Coenzima Q10, causata dell’uso di certi farmaci.

Attivazione cronica del cortisolo, un ormone che produciamo, giustamente, quando siamo sotto stress per prolungare la nostra resistenza allo stesso, ma che, se rimane ad alti livelli per un tempo troppo prolungato, genera resistenza insulinica, peggiore gestione degli zuccheri e sovrappeso.

Sedentarietà e aumento di peso, visto che il tessuto adiposo è un vero e proprio organo endocrino ( che secerne ormoni) che produce tra, gli altri, anche visfatina e resistina, due ormoni legati alla infiammazione.

Disbiosi intestinale, errata proporzione tra i batteri che vivono nel nostro intestino e che ci aiutano nella digestione e nella produzione di vitamine, strettamente legata a una condizione di infiammazione intestinale della quale abbiamo parlato in un precedente articolo e che, dell’inflammaging, si trova ad essere sia causa che effetto, promuovendo un circolo vizioso alquanto deleterio.

Purtroppo non ci accorgiamo subito di trovarci in questa condizione infiammatoria perché non dà segnali (è infatti definita anche “latente”) ma peggiora di anno in anno fino a presentarci dei sintomi sistemici anche molto invalidanti.

È infatti finalmente considerata come la causa di patologie croniche come il morbo di Alzheimer, la sindrome metabolica di cui abbiamo parlato all’inizio, la sarcopenia (un progressiva riduzione della massa e della forza muscolare. Molti studi ci confermano che lo sviluppo dei tumori è favorito dall’infiammazione cronica di basso grado, soprattutto nelle persone in sovrappeso.

Da tutto quello che ho scritto finora, possiamo ancora una volta renderci conto di quanto le nostre scelte possano fare la differenza nel mantenere o recuperare uno stato di salute ottimale. Questo ci permetterà di non dover correre dietro a ogni singolo sintomo come se dovessimo ogni volta mettere una toppa al tubo che perde, in una corsa senza fine, ma di occuparci di noi con quella cura e attenzione che spesso riserviamo agli altri ma che a volte dimentichiamo di rivolgere a noi stessi.

La scelta di alimenti di qualità, come le farine integrali, prodotte nelle nostre zone, ricche di coenzima Q10, una grande varietà di verdure di stagione che apportano vitamine, acido folico, fibra, il pece azzurro dell’adriatico che, a un prezzo accettabile, ci fornisce OMEGA 3 dal grande potere antiinfiammatorio.

Imparare a leggere le etichette degli alimenti confezionati per scartare quelli con liste troppo lunghe e ingredienti dai nomi incomprensibili ci metterà al riparo dalla assunzione di sostanze chimiche inutili che l’organismo non riconosce e non sa come eliminare.

Essere normopeso o sovrappeso, abbiamo visto che fa la differenza, e possiamo migliorare la nostra condizione cominciando a pensare di ridurre il nostro consumo di cibo alla sera, per aumentare il volume della nostra colazione, quando il cervello ha bisogno di un segale forte di abbondanza di nutrienti per dare il via al metabolismo e al consumo calorico.

Per mettere in pratica tutte queste indicazioni possiamo chiedere aiuto ai nostri farmacisti e farmaciste di fiducia che sapranno approfondire gli argomenti che abbiamo trattato in questo articolo.

Se pensiamo di avere bisogno di un aiuto perché probabilmente il processo infiammatorio cronico di basso grado è già iniziato, potremo chiedere al nostro farmacista un prodotto che contenga curcuma ad alta concentrazione e elevata biodisponibilità, che utilizzato insieme a vitamina D ai giusti dosaggi è in grado anche di ridurre l’infiammazione intestinale, oltre che quella sistemica.

Di integratori che contengono Omega 3 ce ne sono tanti, ma il farmacista ci potrà indicare quello con la più corretta proporzione tra EPA e DHA per rallentare il processo infiammatorio.

Se il nostro problema è più legato allo stress prolungato potremo chiedere un prodotto che ci aiuti a ridurlo, contenente RHODIOLA, o qualcosa che ci aiuti ad avere un riposo adeguato al nostro impegno diurno, magari contenete olio essenziale di lavanda, oppure papavero rosso e ginestrino o il meno conosciuto, ma molto efficace giuggiolo associato a escolzia e L- teanina.